A mio padre
Sembra ieri, un giorno come oggi,
che ci salutammo,
tu, seduto sul letto, stranito,
io, pronto per partire, preoccupato.
“vai, non preoccuparti, và tutto bene”
Ed io, stupido, mi fidai di te.
Passarono i giorni ma non erano più gli stessi,
non c’era più il sole, il vento, il caldo, la pioggia,
solo grigiore e nebbia che attanagliava l’anima.
Tu c’eri sempre, almeno pareva, in quel letto bianco,
ma non c’eri già più, perso nei tuoi pensieri.
Ogni volta ti salutavo ma era come salutare una fotografia,
pur se a colori ne vedevo solo il negativo.
I colori sfalsati, il riso forzato, gli occhi smarriti.
Mio Dio, ti prego, ti scongiuro, fa che non se ne accorga,
fa che se deve essere sia nel modo più dolce.
Forse siamo stati accontentati, forse non ti rendevi conto,
forse quello che vedevo, tenacemente lottare, non eri più tu.
Si, senza dubbio, era un altro, uno sconosciuto.
Tu, ormai, avevi già passato la soglia, eri già in pace.
Fino a che anche quell’altro, stanco anche lui, ha chiuso gli occhi,
ha disteso il volto in un sorriso e ti ha raggiunto.
Allora mi sono ricordato della grande bugia che mi hai sempre detto:
“quando si muore, non si esiste più”.
No, non è vero, non saprei spiegarmi, altrimenti perché,
da quando te ne sei andato, sei sempre qui con me, papà!
Francesco 16/5/2012
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