Ottantasette (‘e Perucchie)
Era Frasso Telesino,
che ti vide ancor bambino;
coi fratelli e le sorelle,
ne combinavi delle belle!
Quando, a volte, avevi fame,
non ti bastava un salame.
Di baccalà, assai salato,
quanti pezzi hai rubato?.
Eh, la fame è brutta assai,
nella tua vita ben lo sai.
Soprattutto se c’è la guerra,
non c’era pace in quella terra.
Erano tempi poco belli,
anche per i tuoi fratelli;
ma il più grande eri tu,
e andasti a Timbuctù.
Così, un giorno, di botto,
hai fatto su fagotto.
Tutti quanti hai salutato,
ed in Africa sei andato.
Eri giovane e robusto,
sicuro di fare un gran trambusto,
come Scipione l’Africano,
volevi far famosi i De Gaetano.
Ma la guerra anche lì arrivò,
e far fortuna non si può.
Con il nonno, per quel sentiero,
anche tu fosti prigioniero.
Furono anni bui e tristi,
non eravate certo turisti.
Poi, alla fine, in tutta fretta,
rifacesti la valigetta.
Al paese, la fame è nera,
nel domani c’è chi spera.
Ma non certo abbascio ‘o tuorro,
e dicesti via me ne corro..
Un’altra volta il fagotto,
e vai a fare il poliziotto.
Napoli, Caserta e poi Milano,
dove la gente ha il cuore in mano.
Non in mano lo trovasti,
ma a Milano ti innamorasti.
Con la bella Ada , l’emiliana,
che stirava anche la lana.
Come poliziotto consumavi le suole,
per far crescere le figliole.
Prima Carmen e poi Maria,
presto gli anni volarono via.
Sino ad oggi, caro Zio,
quanto mi sei caro, in cuor mio.
ma non l’hai dimenticata.
Dai non ti sentire solo,
siamo qui, per dirti in coro,
tanti auguri Grande Vecchio,
di abbracci e baci un secchio!
Le mie parole, in là non vanno,
le riservo per il prossimo compleanno.
L’appuntamento, è presto detto,
è qui, tra un anno, sotto stò tetto.
E mi raccomando, non dimenticare,
tocca a tè, oggi, pagare.
Tuo nipote Francesco
8/4/2011
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